Sei stato licenziato, credi che ciò sia profondamente ingiusto e vuoi reagire a questa ingiustizia? La legge ti permette di contestare il licenziamento. Come ti abbiamo spiegato anche i tuoi problemi di salute possono essere causa di licenziamento, ciò accade nel licenziamento per inidoneità alla mansione e nel licenziamento per superamento del periodo di comporto.
Certo, il primo consiglio che possiamo darti è quello di consultare un esperto per avere una consulenza circa la bontà o meno delle tue ragioni. Però prima devi sapere che è bene non aspettare troppo tempo, perché c’è un tempo massimo entro il quale si può contestare e quindi tecnicamente “impugnare” il licenziamento e poi la legge prevede un ulteriore tempo massimo, da non superare, entro il quale, se il tuo datore di lavoro non ritorna sui suoi passi, puoi rivolgerti al Giudice per far valere i tuoi diritti.
E poi l’impugnazione del licenziamento presenta molte insidie che riguardano le modalità di impugnazione. In altri termini, si devono seguire determinate regole formali per contestare il licenziamento, altrimenti la tua contestazione rischia di non avere alcun valore giuridico.
Se avrai la pazienza di leggere le righe che seguiranno proveremo a darti alcune indicazioni che ti saranno utili per orientarti e per sapere in che modo ti potrai muovere.
Anzitutto devi sapere che il licenziamento è valido solo se è in forma scritta, infatti la legge (art. 2 co 1 l.604/1966) stabilisce che: «Il datore di lavoro, imprenditore o non imprenditore, deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro».
Il licenziamento orale è inefficace, significa che è come se non fosse mai stato dato e quindi è possibile agevolmente contestare il licenziamento orale davanti ad un Giudice.
Inoltre, se il licenziamento ti è stato correttamente irrogato per iscritto non è necessaria alcuna particolare forma di comunicazione, ma basta che il datore di lavoro provi di averti fatto conoscere in qualche modo il licenziamento: ad esempio con una raccomandata e ricevuta di ritorno sarà per lui agevole, ma può dimostrare di averti consegnato il licenziamento a mano, anche con un testimone, ad esempio un tuo collega di lavoro (Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., (ud. 02/07/2014) 24-09-2014,n. 20106). La Cassazione ha ritenuto valido anche il licenziamento via mail (Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 29753 del 12 dicembre 2017), in questo caso la maggiore difficoltà per il datore di lavoro è dimostrare che la mail è stata ricevuta dal dipendente, ciò potrà essere dimostrato ad esempio nel caso in cui il lavoratore risponda alla mail. Una sentenza ha ritenuto che sia valido anche il licenziamento irrogato via Whattsapp (Tribunale,Catania, sezione lavoro, ordinanza 27/06/2017), ciò in quanto la doppia spunta è prova della consegna del licenziamento, la doppia spunta colorata di azzurro dimostra che il messaggino è stato letto. Inoltre, Corte d’Appello di Firenze, sentenza del 05/07/2016, n. 629 ha ritenuto che sia valido il licenziamento via sms. In questo caso però, come nel caso della mail, il problema può essere al più quello della prova della ricezione del licenziamento da parte del lavoratore.
In tutti questi casi si pone il problema della paternità della lettera di licenziamento inviata a mezzo mail, sms o whattsapp, fino ad ora non sono state poste questioni, e si è ritenuto che la mail di provenienza ed il numero di telefono di provenienza siano degli strumenti sufficienti per dimostrare l’identità del mittente.
Ancora, e se il licenziamento fosse inviato via whattsapp con un messaggio vocale? Si tratterebbe di un licenziamento orale (nullo) o scritto (valido)? Probabilmente dovrebbe prevalere la forma orale del contenuto del messaggio e quindi dovrebbe essere inefficace, ma ancora non vi è certezza sul punto.
Una volta ricevuto il licenziamento avrai 60 giorni per impugnarlo.
Che cosa significa impugnare il licenziamento? Significa che il lavoratore può contestare il licenziamento nella forma e nel contenuto. Lo può fare il lavoratore o l’organizzazione sindacale (art. 6/1 L. n 604/1966).
In che modo? La legge dice «…con qualsiasi atto scritto, anche extragiudiziale, idoneo a rendere nota la volontà del lavoratore» (art. 6/1 L. n 604/1966). Quindi con una lettera sottoscritta dal lavoratore o dalla organizzazione sindacale.
Quindi analizziamo le seguenti modalità:
Raccomanda ar? Senza dubbio è il metodo consigliato per impugnare il licenziamento, poiché assicura oltre alla forma scritta, anche la prova della ricezione.
Per quanto riguarda il rispetto del termine di 60 giorni per impugnare il licenziamento, però, si deve guardare il momento in cui la raccomandata è stata spedita dal lavoratore o quello in cui la raccomandata è stata recapitata al datore di lavoro? Cioè se invii la raccomandata entro 60 giorni da quando hai ricevuto il licenziamento, ma giunge al datore di lavoro oltre il sessantesimo giorno, il licenziamento è stato impugnato in tempo o no? La Sentenza della Cassazione civile, sez. unite, 14 aprile 2010, n. 8830 ha stabilito che si guarda il momento della spedizione: in quanto i tempi del recapito sono estranei alla sfera di controllo del lavoratore. Quindi è sufficiente che tu la spedisca entro 60 giorni, non è importante quando poi il datore di lavoro effettivamente la riceve.
Lettera? Si si può impugnare anche con semplice lettera, ma in questo caso sarà difficile dimostrare che è stata ricevuta dal datore di lavoro, se lui ad esempio si difende dicendo di non averla mai ricevuta.
Telegramma? Il telegramma è un documento composto da due atti: il dispaccio, che è l’originale che si consegna all’ufficio postale e da questi custodito, e la riproduzione del dispaccio che l’ufficio postale invia al destinatario. In questo caso ti potrebbero contestare che il telegramma che è stato ricevuto dal datore di lavoro non è firmato da te e quindi non c’è alcuna prova che l’impugnazione del licenziamento provenga dal lavoratore. La legge si preoccupa di risolvere questo problema (art. 2706 cc) e ritiene conforme il telegramma all’originale (dispaccio) depositato presso l’ufficio postale. Quindi è possibile impugnare il licenziamento a mezzo telegramma.
Telefax? Anche in questo caso come è noto con il telefax si invia una copia dello scritto originale che rimane in possesso del lavoratore mittente. Non vi è problema circa la prova di consegna al destinatario, visto che il fax permette una ricevuta di consegna. Anche in questo caso, come nel caso del telegramma, può essere invece problematico dimostrare che la copia inviata al datore di lavoro sia conforme all’originale che rimane in tuo possesso, ma anche in questo caso è la legge che fa presumere la conformità della copia all’originale (art. 2712 cc). Quindi è possibile impugnare il licenziamento a mezzo fax.
WhattsApp? Il licenziamento si può impugnare via WhattsApp? Valgono gli stessi argomenti già spesi da Tribunale, Catania, sezione lavoro, ordinanza 27/06/2017 quanto alla validità del licenziamento irrogato via WhattsApp.
Sms? Anche in questo caso si deve ripetere quanto affermato prima sul licenziamento via sms, quindi il problema può essere quello della prova della ricezione dell’impugnazione da parte del datore di lavoro.
Mail? Anche in questo caso si rinvia a quanto argomentato da Corte di Cassazione, sezione Lavoro, nella sentenza n. 29753 del 12 dicembre 2017 quanto alla forma del licenziamento, quindi di norma l’impugnazione via mail sarà valida, salvo la difficoltà di provare che la mail è stata ricevuta dal datore di lavoro.
PEC? Puoi impugnare il licenziamento via PEC, allegando, scansionata alla PEC che invii al datore di lavoro, la lettera di impugnazione firmata e, tuttavia, questa modalità di impugnazione può presentare delle insidie. Sicuramente con la ricevuta di consegna a seguito dell’invio della pec dalla tua casella alla casella pec del datore di lavoro avrai la certezza circa l’avvenuta ricezione da parte del datore di lavoro del documento.
Il problema maggiore invece riguarda la dimostrazione che effettivamente il documento inviato lo hai scritto e firmato tu. Infatti, recentemente alcune sentenze di giudici di merito (Tribunale di Palermo Sez. Lavoro Giudice Dr. Giuseppe Tango Decreto n..36015del 28/10/2020 e Tribunale di Monza Giudice del Lavoro Giudice Dott.ssa Rotolo ordinanza del 29.1.2020) hanno affermato che affinchè l’impugnazione del licenziamento sia valida occorre che vi sia certezza circa la paternità del sottoscrittore dell’impugnazione.
E fin qui, nulla di nuovo. La novità di queste sentenze è che hanno sostenuto che la legge applicabile impone di seguire alcune formalità e se non si seguono non è possibile dimostrare che il documento di impugnazione allegato alla pec sia stato sottoscritto da te. Si richiama l’art. 22 d.lgs. n. 82/2005 (Codice dell’Amministrazione Digitale), che stabilisce che la scansione dell’impugnazione di licenziamento cartacea (allegata alla PEC) può avere la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui è estratta nei seguenti casi:
1) se ad essa è apposta una firma digitale o elettronica qualificata o elettronica avanzata dal lavoratore e/o dal difensore in tale caso, infatti, l’atto scansionato acquista natura di “documento informatico”;
2) se è accompagnata da valida attestazione di conformità di un notaio o di altro pubblico ufficiale a ciò autorizzato, secondo le regole stabilite ai sensi dell’art. 71 d.lgs. n. 82/2005 (art. 22, comma 2, d.lgs. n. 82/2005);
3) se è stata formata in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’art. 71 d.lgs. 82/2005 e la sua conformità all’originale non è espressamente disconosciuta.
Secondo queste sentenze quindi se l’atto cartaceo scansionato non è sottoscritto dal lavoratore o non contiene le attestazioni di conformità nelle forme sopra indicate o non è stato formato secondo le specifiche tecniche indicate, sarebbe inesistente, cioè come se non fosse mai stato inviato.
Questa tesi è senza dubbio criticabile per varie ragioni. Infatti, se è vero che la legge (art. 20 co. 1 bis d.lgs.82/2005) stabilisce che il documento informatico soddisfa il requisito della forma scritta e ha l'efficacia probatoria fino a querela di falso circa la paternità della sottoscrizione se è firmato digitalmente o se rispetta le regole tecniche di cui all'articolo 71 CAD. In tutti gli altri casi, l'idoneità del documento informatico a soddisfare il requisito della forma scritta e il suo valore probatorio sono liberamente valutabili in giudizio ,in relazione alle caratteristiche di sicurezza, integrità e immodificabilità.
Inoltre, il Regolamento UE910/2014 all’art. 46 ha previsto il principio di non discriminazione del documento informatico, cioè ad «un documento elettronico non sono negati gli effetti giuridici e l’ammissibilità come prova in procedimenti giudiziali per il solo motivo della sua forma elettronica» .
Ciò significa che il Giudice potrà dare piena efficacia probatoria anche alla scansione dell’impugnazione non firmata digitalmente, dopo aver verificato le caratteristiche di qualità, sicurezza, integrità ed immodificabilità dell’allegato, ciò è stato confermato anche da un recente orientamento giurisprudenziale (Corte d'Appello di Napoli Sezione Lavoro 10 luglio 2019).
In conclusione, si deve ritenere che se l’impugnazione del licenziamento viene allegata alla PEC inviata al datore è firmata da te digitalmente o autenticata secondo quanto stabilito dalla legge o formata secondo le regole tecniche di cui all’art. 71 indicato, allora vi sarà piena prova circa la provenienza del documento, salvo querela di falso. Se invece il documento allegato è una mera scansione non firmata digitalmente, né autenticata, in questo caso avrà una efficacia probatoria limitata circa la paternità del documento. Ciò significa che il Giudice potrà ritenere comunque valida ed efficace l’impugnazione, ove accerti che l’allegata scansione è integra e non è stata in alcun modo modificata rispetto al documento originale.
Del resto se la Cassazione (Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con la sentenza n. 29753 del 12 dicembre 2017) aveva affermato che era valido il licenziamento inviato via mail (che quindi non è sottoscritto digitalmente), non si vede per quale ragione non possa essere valida l’impugnazione via pec senza firma digitale.
Ad ogni modo, viste tali difficoltà il consiglio è sicuramente quello di privilegiare quale metodo di impugnazione quello con raccomandata ar.
Di seguito troverai un fac simile della lettera di licenziamento, che dovrai sottoscrivere:
Spettabile
(indicare denominazione del datore di lavoro ed indirizzo della sede)
Raccomandata ar
Trento, 26 novembre 2020/gg
Oggetto: impugnazione licenziamento del (indicare la data) ricevuto il (indicare la data)
Io sottoscritto (indicare il nome cognome luogo data di nascita del lavoratore)___________________________ residente in ________________________,con la presente impugno il licenziamento (indicare data del licenziamento e data della ricezione del licenziamento se diversa)__________________________ in quanto invalido e/o nullo e/o illegittimo e/o inefficace.
Resto adisposizione per la ripresa dell’attività lavorativa.
La presente vale parimenti ad interrompere ogni prescrizione in corso relativa a retribuzioni maturate, qualifica e danni derivanti dal rapporto di lavoro, nonchè ad impugnare ogni eventuale rinuncia o transazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 2113 c.c.
Distinti saluti.
(firma del lavoratore)
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