L'infermiera no vax che è in maternità non può essere sospesa

Tribunale di Milano Sezione Lavoro ordinanza 15/11/2021 Giudice Dr. Antonio Lombardi
La sospensione per omessa vaccinazione anticovid è recessiva rispetto alla sospensione per maternità
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Tribunale Ordinario di Milano

Sezione Lavoro


Il Giudice Dott. Antonio Lombardi

letti gli atti e i documenti della causa iscritta al n. 7074/2021 RGL pendente tra

e


sciogliendo la riserva assunta in data 5/11/2021 così rileva:
con ricorso ex art. 700 c.p.c. depositato in essere dipendente della convenuta Azienda dal 07/01/2013 con mansioni di infermiera, di aver appreso di essere in gravidanza nel mese di gennaio 2021, di essersi assentata per malattia a far data dal 21/01/2021 e di aver inoltrato in data 7/4/ 2021 richiesta di autorizzazione all'astensione dal lavoro, che veniva inizialmente disposta dal 6/4 al 15/5/ 2021 e, successivamente, prorogata sino al termine dell’astensione obbligatoria. Deduceva di aver ricevuto in data 28/7/2021 una comunicazione della convenuta con la quale le veniva significata la “sospensione” con “effetto immediato” con sospensione di retribuzione, compensi ed emolumenti in relazione alla mancata risposta alla convocazione per la somministrazione di vaccinazione Covid-19, che da tale provvedimento era conseguita la cessazione dell’erogazione dell’indennità di maternità, che la sospensione doveva ritenersi illegittima, avuto riguardo alle finalità del d.l. 44/2021, convertito in l. 76/2021, sull’’obbligo vaccinale degli esercenti professioni socio sanitarie, ed alle condizioni del caso concreto, tenuto conto dell’assenza continuativa dal lavoro dal gennaio 2021 e della riferibilità della sospensione a somme di denaro presupponenti lo svolgimento di una prestazione di lavoro e costituenti il corrispettivo della prestazione fornita dal lavoratore.
Tanto dedotto ed evidenziato concludeva chiedendo:
che il Tribunale di Milano -sezione lavoro, previa ogni eventuale convocazione delle parti innanzi a sé per l’assunzione di sommarie informazioni, voglia:
Ordinare a Azienda in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale , previo per quanto occorra la sospensione e/o disapplicazione del provvedimento ATS del 28/07/2021 e del provvedimento di sospensione dell’ASST datato 28 luglio 2021, l’immediata corresponsione in favore della ricorrente della indennità di maternità dovuta ai sensi degli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 151/01, corrispondente all’intera retribuzione contrattualmente prevista, ai sensi dell’art. 45 del CCNL applicato ovvero di ogni altra norma applicabile al caso di specie, afar data dal 28 luglio 2021.
Con provvedimento provvisoriamente esecutivo e con refusione di spese, diritti e onorari del presente giudizio.
***
Occorre, preliminarmente, dare atto della circostanza che, a seguito della regolare sottoposizione della a ciclo vaccinale, il provvedimento di sospensione risulta essere stato revocato in corso di causa e l’indennità di maternità nuovamente erogata dal datore di lavoro alla lavoratrice, residuando controversia esclusivamente per la quota di indennità di maternità riferita al periodo di operatività del provvedimento di sospensione ex d.l. 44/2021.
In merito all’ammissibilità del ricorso cautelare di urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. avente ad oggetto la richiesta di pagamento di somme, si osserva come l’orientamento giurisprudenziale, che ritiene non ammissibile la richiesta di tutela cautelare ed urgente avente ad oggetto crediti di danaro (cfr. ex plurimis Trib. Nola, sez. II, 7 maggio 2012) non appaia applicabile al caso di specie, in considerazione delle peculiari natura e funzione dell’indennità di maternità, correlata alla specifica condizione di astensione dal lavoro della lavoratrice in gravidanza. L’indennità di maternità è, difatti, finalizzata a garantire un sostegno economico alla lavoratrice nei periodi di astensione obbligatoria, mediante la creazione di un assetto di protezione funzionale a tutelare la salute della madre biologica, il nascituro ed il nucleo familiare, nel periodo immediatamente precedente e successivo al parto, tenendo conto delle esigenze relazionali ed affettive del figlio in tale periodo (cfr. Cass. civ., sez. lav., 2 maggio 2016, n. 8594; Corte cost., 14 dicembre 2001, n. 405).
Nel merito il ricorso appare fondato e meritevole di accoglimento per le ragioni di seguito enunciate ed esposte.
In punto di sussistenza del fumus boni iuris, la condotta serbata dall’Azienda resistente appare illegittimo sotto plurimi e concorrenti profili.
L’obbligo vaccinale per gli esercenti professioni sociosanitarie risulta introdotto, nel nostro ordinamento, dal d.l.1 aprile 2021, n. 44, convertito con modificazioni in legge 28 maggio 2021, n. 76.
Tale normativa, introduttiva delle “misure urgenti per il contenimento dell'epidemia da COVID-19, in materia di vaccinazioni anti SARS-CoV-2, di giustizia e di concorsi pubblici” stabilisce, nelle enunciazioni generali di principio (art. 4 comma 1) che, “al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati”.
Solo in caso di accertato pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione di cui al comma 1 non è obbligatoria e può essere omessa o differita (comma 2).
L’iter procedimentale è disciplinato dall’art. 4 e ss. e prevede, per quanto qui di interesse, la trasmissione, da parte dei datori di lavoro degli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, dell'elenco dei propri dipendenti con qualifica ed indicazione del luogo di rispettiva residenza, alla regione o alla provincia autonoma nel cui territorio operano i medesimi dipendenti; la verifica dello stato vaccinale da parte di regioni e province autonome, per il tramite dei servizi informativi vaccinali; la segnalazione all’ATS dei nominativi dei soggetti che non risultano vaccinati; l’invito di ATS a presentare documentazione comprovante l’insussistenza dei presupposti per l’assolvimento dell’obbligo vaccinale e, alla scadenza del termine, l’invito all’interessato a sottoporsi alla somministrazione del vaccino, con indicazione dei termini e modalità entro i quali adempiere.
Una volta decorsi i termini per l'attestazione dell'adempimento dell'obbligo vaccinale, l’ATS competente accerta l'inosservanza dello stesso, dandone immediata comunicazione scritta all'interessato ed al datore di lavoro. L'adozione dell'atto di accertamento da parte dell'ATS determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2. Ricevuta tale comunicazione, il datore di lavoro adibisce il lavoratore, ove possibile, a mansioni, anche inferiori, diverse da quelle indicate al comma 6, con il trattamento corrispondente alle mansioni esercitate e che, comunque, non implicano rischi di diffusione del contagio. Quando l'assegnazione a mansioni diverse non è possibile, per il periodo di sospensione di cui al comma 9 non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
La prestazione lavorativa della ricorrente risulta sospesa, per effetto di astensione per malattia e, senza soluzione di continuità, di congedo per maternità, dal 21/1/2021. Il rapporto di lavoro della Omissis pertanto, all’atto dell’entrata in vigore della normativa innanzi riportata e del successivo procedimento di interpello vaccinale, alla quale la stessa non ha dato riscontro, risultava in regime di sospensione legale, con diritto della stessa alla percezione di indennità di malattia, prima, e di maternità, poi, quali misure di tutela previdenziale del lavoratore in condizioni di malattia o in congedo per maternità, in alcun modo avvinti da nesso sinallagmatico allo svolgimento della prestazione lavorativa.
Le finalità della normativa dedotta a base del provvedimento di sospensione della lavoratrice, cui è conseguita la cessazione dell’erogazione della prestazione indennitaria, è in evidenza quella di impedire il contatto tra operatori socio sanitari sprovvisti di copertura vaccinale e, quindi, assunti quali potenziali maggior veicolo di diffusione del contagio, ed i soggetti fragili normalmente ospitati nelle strutture socio sanitarie, statisticamente più soggetti a gravi o fatali conseguenze per la salute nel caso di contrazione di malattia da SARS-COV2. Ciò appare evidente dalla stessa enunciazione delle finalità della legge, id est “tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni”. In questa prospettiva appare di solare evidenza l’inettitudine, in capo ad una lavoratrice in continuativo regime di sospensione della prestazione lavorativa, alla creazione di alcun rischio per la salute e le condizioni di sicurezza sul luogo di lavoro in caso di mancata sottoposizione al ciclo vaccinale, quantomeno per il periodo di perduranza della sospensione della prestazione.
Al di là di tale aspetto, il provvedimento di sospensione e di cessazione della erogazione della indennità di maternità appare caratterizzato da ulteriori profili di vizio. Il congedo obbligatorio di maternità è, come già evidenziato, una fattispecie di sospensione della prestazione lavorativa prevista per legge, cui consegue l’erogazione, in omaggio alle finalità enunciate, di una misura previdenziale in favore della lavoratrice e del nucleo familiare (indennità di maternità). Il provvedimento sospensivo adottato a seguito dell’accertamento dell’ATS, in applicazione del disposto di cui agli artt. 4 e ss. d.l. 44/2021 si giustappone, dunque, ad altra fattispecie sospensiva che, in quanto adottata in precedenza, deve ritenersi assistita da prioritaria applicazione.
Accanto a ciò deve osservarsi come, condivisibilmente con quanto osservato dalla difesa della ricorrente, la sospensione dell’erogazione della “retribuzione e di altro compenso o emolumento, comunque denominato”, previsto dalla legge quale diretta conseguenza della sospensione della prestazione lavorativa, non può che riferirsi agli emolumenti in danaro, in senso ampio, erogati in diretta correlazione con l’effettivo svolgimento della prestazione lavorativa, in relazione di sinallagmaticità con la stessa (tale è il senso che deve attribuirsi ai termini retribuzione, compenso o emolumento), dai quali deve, dunque, escludersi l’indennità per congedo di maternità, avente natura previdenziale e finalità di tutela delle lavoratrici in maternità, nell’accezione innanzi esplicata.
Ciò detto, in punto di fumus boni iuris, deve ritenersi altresì sussistente il periculum in mora ai fini dell’accoglimento del ricorso.
Le predette finalità che si appuntano in capo all’indennità la cui erogazione risulta indebitamente negata alla per il periodo di sospensione conseguente al provvedimento di ATS, e che esorbitano la sfera economico patrimoniale per impingere aspetti attinenti la sfera della personalità della lavoratrice, giustificano, in relazione all’assetto di interessi protetto, il ricorso alla tutela urgente per assicurare la tempestiva ed integrale corresponsione del dovuto, quale misura idonea ad assicurare alla lavoratrice madre in congedo un sano ed equilibrato sviluppo delle relazioni affettive con il bambino, in assenza di elementi, quali la sopravvenuta difficoltà delle condizioni economiche, atte a creare turbamento e pericolo di nocumento.
Per quanto sopra dedotto ed illustrato il ricorso merita accoglimento nella misura indicata, corrispondente alla indennità di maternità dal 28/7/2021, data del provvedimento di sospensione ex d.l. 44/2021, sino alla cessazione della stessa, intervenuta in corso di causa per effetto della revoca del provvedimento. La regolamentazione delle spese di lite segue la regola della soccombenza, come da liquidazione analitica in dispositivo.

PQM


Accoglie, per quanto di ragione, il ricorso proposto da e, per l’effetto, condanna a corrispondere alla ricorrente l’indennità di maternità dovuta ai sensi degli artt. 16 e 17 d.lgs. n. 151/01, e dell’art. 45 del CCNL applicato ovvero di ogni altra norma applicabile al caso di specie, a far data dal 28/7/2021 sino all’intervenuta revoca del provvedimento di sospensione, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dovuto al saldo effettivo, e spese di lite, che liquida in per compensi di avvocato, oltre accessori di legge.
Si comunichi alle parti.

Milano, 15/11/2021


Il Giudice Antonio Lombardi

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