Il datore di lavoro risponde dell'infortunio del lavoratore caduto nella botola non protetta e non segnalata

Cassazione Penale Sezione 4 Sentenza 20/12/2021 n 46393
botola non protetta da parapetti
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Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 13/10/2021) 20-12-2021, n. 46393

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente -

Dott. BELLINI Ugo - rel. Consigliere -

Dott. BRUNO Mariarosaria - Consigliere -

Dott. PAVICH Giuseppe - Consigliere -

Dott. COSTANTINI Francesca - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

G.M., nato a (OMISSIS);

avverso la sentenza del 11/06/2020 della CORTE APPELLO di FIRENZE;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere UGO BELLINI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott. PERELLI Simone, che ha concluso chiedendo pronunciarsi l'inammissibilità del ricorso.

lette le conclusioni del difensore del ricorrente in persona dell'avv.to Maurizio Folli il quale ha chiesto l'accoglimento del ricorso e l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.


Fatto


1. La Corte di Appello di Firenze con sentenza pronunciata in data 11.6.2020, in parziale riforma della decisione del Tribunale di Firenze, rideterminava la pena nei confronti di G.M. in relazione al reato di lesioni colpose con inosservanza della disciplina antinfortunistica, in mesi uno di reclusione.
2. Al G.M., quale titolare della omonima ditta, era contestato di avere provocato per colpa, anche in ragione dell'inosservanza di specifiche disposizioni di legge, l'infortunio del proprio dipendente P.A., il quale, mentre era intento in lavori edili di demolizione sopra la copertura di immobile sito in Sesto Fiorentino, era caduto all'interno di una botola presente nel sottotetto, botola non protetta da parapetti o da altri presidi idonei ad impedire la caduta, precipitando in tale modo nel vano sottostante e procurandosi lesioni giudicate guaribili in 98 giorni.
3. A fronte delle contestazioni concernenti l'estraneità ai compiti allo stesso assegnati della attività che aveva occasionato l'infortunio ed all'assenza di colpa in capo al datore di lavoro trattandosi di evento verificatosi per colpa del dipendente, come dallo stesso ammesso, in presenza di adeguata formazione ed informazione lavorativa, il giudice di appello evidenziava come il lavoratore fosse intento ad una prestazione strettamente correlata a quella che formava oggetto dell'appalto, che comprendeva tra l'altro la demolizione parziale ed il rifacimento dell'abbaino nella porzione sopratetto. Invero il P.A., subito prima dell'infortunio, era intento a ripulire il sottotetto dagli scarti della suddetta lavorazione e la presenza della botola nel locale sottotetto costituiva un pericolo per la sicurezza dei lavoratori, in quanto non adeguatamente segnalata e comunque inidonea a reggere il peso di una persona, di talchè il rischio di caduta avrebbe dovuto essere inserito nel piano di sicurezza e la botola avrebbe dovuto essere segregata e protetta stante il pericolo di precipitazione, anche in ragione del luogo particolarmente angusto in cui si trovava che obbligava il lavoratore a operare accovacciato.

3. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la difesa dell'imputato prospettando tre motivi di ricorso.
Con un primo motivo, deduce errata valutazione delle risultanze istruttorie laddove non era stato considerato che il dipendente operava sulla copertura; che non era previsto che dovesse lavorare nel vano botola in coincidenza del sottotetto e che lo stesso aveva dichiarato di essere a conoscenza della presenza della botola.

Con una seconda articolazione lamenta che la botola non doveva essere presidiata, in quanto esterna al luogo di lavoro, e che la caduta del P.A. non era stata accidentale in quanto lo stesso si era recato di sua volontà nell'abbaino, che era collocato a distanza di 20 m. dal luogo di lavoro.

Con il terzo motivo rileva che la caduta era da attribuirsi alla responsabilità esclusiva del lavoratore; che non aveva posto alcuna cautela nell'approssimarsi ad area interdetta all'attività lavorativa.

Diritto


1.I motivi sono infondati e vanno rigettati.
A tale proposito non pare cogliere nel segno l'argomento difensivo che deduce assoluta carenza motivazionale da parte del giudice di appello con riferimento alla mancata esclusione del rapporto di causalità in ragione della imprevedibilità, eccentricità e imprudenza del comportamento del dipendente, argomento sostanzialmente declinato in tutte le articolazioni, sul presupposto che il P.A. si fosse spontaneamente diretto in area esterna al luogo di lavoro e avesse operato con imprudenza e leggerezza, finendo per cadere all'interno della botola di cui conosceva l'esistenza.
2. Come ha evidenziato il giudice distrettuale con ragionamento corretto sotto il profilo logico giuridico, attingendo al materiale in atti, il luogo da cui il dipendente era precipitato non era affatto esterno all'area in cui si svolgeva il lavoro del dipendente, il quale era impegnato nella parziale demolizione dell'abbaino la cui porzione interna era appunto rappresentata dal vano sottotetto ove era collocata la botola. Il lavoratore pertanto aveva provveduto a sgomberare tale vano, che costituiva una proiezione verticale del corpo di fabbrica demolito, dai calcinacci che vi erano caduti e, pur trattandosi di prestazione che non gli era stata richiesta nell'immediato, ricadeva comunque in un ambito accessorio rispetto ai compiti assegnati; come del resto risulta adeguatamente argomentata da parte del giudice di merito la consapevolezza tanto del datore di lavoro, quanto del lavoratore della presenza di una botola che poteva costituire fonte di pericolo per il lavoratore.
3. Orbene a fronte di tale premesse è evidente che il compito del datore di lavoro non si arresta a fornire al lavoratore adeguate informazioni sulle possibili fonti di pericolo presenti sul luogo di lavoro, ovvero in un'area prossima e complementare ad esso, ma si estende alla valutazione di tali fonti di pericolo nel piano operativo di sicurezza, cosa che non risulta realizzata, ma ancor più di predisporre le cautele necessarie affinchè sia prevenuto il rischio di caduta, come peraltro espressamente previsto dall'art.146 comma 1 D.Lvo 9.4.2008 n.81.
4. A questo proposito non è neppure dato comprendere cosa abbia voluto sostenere il ricorrente nel secondo motivo di ricorso quando ha negato l'operatività della disposizione normativa suddetta evocando l'ipotesi di una caduta accidentale, laddove appare evidente che il dipendente, che era andato a sgombrare il vano sottotetto dai residui della lavorazione, non solo era intento ad eseguire una prestazione direttamente collegata con la prestazione lavorativa principale (demolizione dell'abbaino), ma era precipitato dalla botola a causa delle caratteristiche anguste del locale, che non consentivano di lavorare in piedi ma obbligavano il lavoratore a stare in ginocchio così da rendere più difficoltoso ed insicuro lo spostamento con gli arti, e del fatto che la botola non era sigillata, né tamponata da assi di legno o parapetti e pertanto la caduta si poneva in diretto collegamento con l'inosservanza della norma cautelare.
4 Depone poi per la esclusione della interruzione del rapporto di causalità in presenza della imprudente condotta del lavoratore la giurisprudenza che limita la responsabilità del lavoratore nella causazione dell'infortunio quando, come nella specie, il sistema di sicurezza apprestato dal datore di lavoro presenti delle evidenti criticità (sez.4, 17 Gennaio 2017, Meda, Rv.269255; 10.10.2013, Rovaldi, Rv. 259313; n.22044 del 2 Maggio 2012, Goracci non massimata; 7.2.2012, Pugliese, Rv.252373; n. 21511 del 15.4.2010, Di Vita, n.m.). Le disposizioni di sicurezza perseguono infatti il fine di tutelare il lavoratore anche dagli infortuni derivanti da sua colpa, onde l'area di rischio da gestire comprende il rispetto della normativa prevenzionale che si impone ai lavoratori, dovendo il datore di lavoro impedire l'instaurarsi, da parte degli stessi destinatari delle direttive di sicurezza, di prassi di lavoro non corrette e, come tali, latrici di possibili rischi per la sicurezza e la incolumità dei lavoratori (sez.4, 13.11.2011 Galante, n.m.; sez.4, n.22813 del 21.4.2015, Palazzolo, Rv.269437).
5. Quanto infine alla dedotta condotta imprudente o incauta del lavoratore, è stato evidenziato dal S.C. che la colpa del lavoratore eventualmente concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica addebitata ai soggetti tenuti ad osservarne le disposizioni non esime questi ultimi dalle proprie responsabilità, poiché l'esistenza del rapporto di causalità tra la violazione e l'evento-morte o lesioni del lavoratore che ne sia conseguito può essere esclusa unicamente nei casi in cui sia provato che il comportamento del lavoratore fu abnorme, e che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento come il comportamento del lavoratore che, per la sua stranezza ed imprevedibilità, non sia neppure collegato al segmento di lavorazione risulta impegnato; in tema di causalità, la colpa del lavoratore, concorrente con la violazione della normativa antinfortunistica ascritta al datore di lavoro ovvero al destinatario dell'obbligo di adottare le misure di prevenzione, esime questi ultimi dalle loro responsabilità solo allorquando il comportamento anomalo del primo sia assolutamente estraneo al processo produttivo o alle mansioni attribuite, risolvendosi in un comportamento del tutto esorbitante ed imprevedibile rispetto al lavoro posto in essere, ontologicamente avulso da ogni ipotizzabile intervento e prevedibile scelta del lavoratore (vedi sez. 4, 23292 del 28.4.2011, Milio, Rv.250709; n.16397 del 5.3.2015, Guida, Rv.263386).
Non pare dubbio - e il giudice di appello ne ha dato conto in motivazione - che il lavoratore era intento alla esecuzione di un compito che rientrava nel segmento delle lavorazioni demandate e che l'evento si era verificato proprio in ragione dell'assolvimento del compito demandato.
6. Il ricorso va pertanto rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 13 Ottobre 2021.

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