Il committente non professionale dei lavori di intonacatura del fabbricato risponde della caduta dal ponteggio dell'operaio se sceglie un'impresa non adeguata
Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 24/11/2021) 22-12-2021, n. 46833
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Patrizia - Presidente -
Dott. NARDIN Maura - rel. Consigliere -
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Consigliere -
Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -
Dott. PAVICH Giuseppe - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R.G.M., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 04/06/2020 della CORTE APPELLO di PALERMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. MAURA NARDIN;
lette le conclusioni del Procuratore generale.
Fatto
1. Con sentenza del 4 giugno 2020 la Corte d'Appello di Palermo ha riformato assolvendo l'imputato la sentenza del Tribunale di Trapani con cui A.P. era stato ritenuto colpevole del delitto di cui all'art. 590, comma 2 cod. pen., perché, in qualità di committente dei lavori di intonacatura del fabbricato di civile di nuova realizzazione su terreno di sua proprietà, con colpa consistita in negligenza, imprudenza ed imperizia, nonché nella violazione dell'art. 90 comma 9 lett. a) d. lgs. 81/2008, consentendo che venisse predisposto un ponteggio non a regola d'arte, in assenza dei presidi antinfortunistici, cagionava a M.G.R., che intento ad effettuare i lavori sul prospetto dell'immobile, precipitava a terra da un'altezza di quattro metri, lesioni personali gravi, consistite in politrauma con frattura pluriframmentata della testa dell'omero sinistro e frattura scomposta della emi-mandibola sinistra.
2. Avverso la sentenza propone impugnazione, a mezzo del suo difensore, la parte civile M.G.R., formulando un unico articolato motivo di ricorso.
3. Con la doglianza lamenta il vizio di motivazione sotto il profilo della carenza e della manifesta illogicità e la violazione dell'obbligo di motivazione rafforzata, a fronte della riforma della sentenza di condanna del primo grado di giudizio, nonché la falsa applicazione degli artt. 40, comma 2A, 43, comma lA cod. pen. ed 89 e segg. d. lgs 81/2008. Richiama la giurisprudenza di legittimità in relazione all'obbligo di motivazione rafforzata e rileva che la Corte di appello pur riconoscendo la qualità di A.P. come committente delle opere ne esclude la responsabilità penale semplicemente affermando che egli non era il datore di lavoro della persona offesa, palesemente eludendo il disposto dell'art. 89 d. lgs. 81/2008, benché ciò non implichi affatto l'insussistenza della posizione di garanzia, anche qualora si ritenga, come fa il giudice di seconda cura, ctie M.G.R. svolgesse la propria attività come lavoratore autonomo e non in qualità di dipendente di A.P.. Denuncia la superficialità della decisione gravata che non si confronta con l'impostazione giuridica del giudice di primo grado, il quale ha correttamente sottolineato che il committente può andare esente da responsabilità solo allorquando consegni il cantiere agli esecutori delle opere scevro da ogni pericolo o quando l'oggetto dell'incarico consista anche nel mettere in sicurezza il cantiere, mentre né l'una, né l'altra ipotesi ricorrono nel caso di specie. Assume che la pronuncia della Corte territoriale si dimostra priva di ogni persuasività e delle caratteristiche della motivazione rafforzata, nella part,e in cui afferma l'inattendibilità delle dichiarazioni della persona offesa, laddove il giudice di primo grado aveva chiarito le ragioni della credibilità intrinseca ed estrinseca del narrato della medesima, e della valenza probatoria della registrazione della conversazione fra M.G.R. e V., operaio alle dipendenze di A.P., da cui emerge con evidenza la genuinità del colloquio e l'inaffidabilità di quanto dichiarato dallo stesso V., nel corso del giudizio. Conclude per l'annullamento della sentenza impugnata.
4. Con requisitoria scritta, ai sensi dell'art. 23, comma 8 d.l. 137/2020 ha concluso per l'annullamento della sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Diritto
1. Il ricorso merita accoglimento.
2. Va preliminarmente precisato che la figura del committente è attualmente delineata dall'art. 89, comma 1" lett. b) del d.lgs. del 9 aprile 2008 n. 81, che lo definisce come soggetto 'per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione'.
2.1 Conviene, nondimeno, per meglio affrontare le questione proposta richiamare l'evolversi della giurisprudenza sulla individuazione della figura del committente, riassunta da una pronuncia -qui integralmente richiamata- che si è soffermata sull'affinamento del concetto di governo del rischio, di fronte ai progressivi mutamenti normativi. Si è là ricordato che il legislatore non ha disciplinato la figura del committente né con il d.P.R. 547/1955, né con successivi 302/1956 e neppure con il d.lgs. 626/1994 (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015 - dep. 02/11/2015, Heqimi ed altri, Rv. 26497401). Quest'ultimo provvedimento normativo con l'art. 7 prendeva, infatti, in considerazione la sola figura del datore di lavoro quale referente soggettivo degli obblighi previsti dalla medesima disposizione, in relazione all'affidamento dei lavori ad imprese appaltatrici anche artigiane, nella propria azienda o nell'ambito del ciclo produttivo, regolando il rischio interferenziale fra le imprese ivi operanti.
2.2 L'estensione di quella disciplina al committente, in un primo tempo, era stata giustificata dalla giurisprudenza solo quando il medesimo travalicava il ruolo di semplice conferimento delle opere, ingerendosi nell'organizzazione per la loro esecuzione (cfr. Sez. 6, n. 5393 del 09/03/1973 Gigliarelli, Rv. 124600; ; Sez. 6, n. 2488 del 07/07/1975, Lambertini, Rv. 132495; Sez. 4, n. 4862 del 04/03/1982 - dep. 11/05/1982, Venturella, Rv. 153611; Sez. 4, n. 1119 del 30/10/1981 - dep. 06/02/1982, Bellucco, Rv. 152016; Sez. 3, n. 11513 del 05/07/1985, Catavolo, Rv. 171239; Sez. 4, n. 2731 del 12/01/1990, Bovienzo, Rv. 183507).
2.3 Successivamente la corresponsabilità del committente, affiancante quella del datore di lavoro e del direttore dei lavori, è stata posta in relazione alla diretta impartizione di direttive od al diretto conferimento di progetti che essi stessi siano fonte di pericolo "ovvero quando egli abbia commissionato o consentito l'inizio dei lavori, pur in presenza di situazioni di fatto parimenti pericolose" (Sez. 3, n. 8134 del 24/04/1992, p.c. in proc. Togni, Rv. 191387) od ancora quando allo svolgimento di opere in un cantiere gestito dall'appaltante o su strutture o con strumentazioni che gli appartengono e che il medesimo abbia l'obbligo di mantenere in efficienza (cfr. Sez. 4, n. 2800 del 15/12/1998 - dep. 02/03/1999, Breccia A. ed altro, Rv. 213226).
2.4 Il mutamento della disciplina interviene con l'introduzione del d.lgs. 494/1996, che definisce la figura del committente come colui che per conto del quale l'intera opera viene realizzata, indipendentemente da eventuali frazionamenti della sua realizzazione (art. 2 comma 1", lett. b) prima parte, richiamando anche l'art. 3 del d.lgs. 626/1994) e precisa le responsabilità su di lui incombenti, che derivano sostanzialmente dalla violazione degli obblighi sull'informazione sui rischi dell'ambiente di lavoro e da quelli inerenti alla cooperazione nell'apprestamento delle misure di protezione e prevenzione (art. 7 d. lgs. 626/1994, ora art. 26 d.lgs. 81/2008) (cfr. In tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nel caso di prestazione lavorativa in esecuzione di un contratto d'appalto, il committente è costituito come corresponsabile con l'appaltatore per le violazioni delle misure prevenzionali e protettive sulla base degli obblighi sullo stesso incombenti ex art. 7 D.Lgs. n. 626 del 1994. (Sez. 3, n. 1825 del 04/11/2008 - dep. 19/01/2009, Pellegrino e altro, Rv. 242345).
3. Sulla scorta del quadro chiaramente delineato dalla pronuncia supra richiamata (Sez. 4, n. 44131 del 15/07/2015), che ha ben sintetizzato la trasformazione della figura del committente nella normativa e nella giurisprudenza da soggetto privo di autonoma responsabilità a soggetto che riveste responsabilità proprie (oggi descritte dall'art. 90 d.lgs. 81/2008), la giurisprudenza più recente ha ritenuto che il principio generale, secondo cui il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, debba essere precisato, nel senso che dal committente non può esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull'organizzazione e sull'andamento dei lavori" con la conseguenza che "ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo. (Sez. 4, n. 3563 del 18/01/2012 - dep. 30/01/2012, Marangio e altri, Rv. 252672; nel medesimo senso Sez. 4, Sentenza n.44131 del 15/07/2015, Rv. 26497; Sez. 4, n. 27296 del 02/12/2016 - dep. 31/05/2017, Vettor, Rv. 270100).
4. Ora, la disposizione di cui all'art. 89 cit., che peraltro, come si è detto, si pone in continuità con la precedente normativa, definisce il committente come colui 'per conto del quale l'opera viene realizzata'. L'espressione 'per conto', è equivalente sia a "per incarico di" oppure a "in nome di" oppure ancora "a favore di". Si tratta, in ogni caso, di un soggetto che ha interesse alla realizzazione dell'opera o perché è il colui che stipula il contratto o perché si avvantaggia della sua realizzazione o vi è tenuto giuridicamente oppure perché è stato delegato ad occuparsene.
4.1. Si tratta di una definizione, che pur prevista dal d.lgs. 81/2008, rivolto a disciplinare la materia della sicurezza sul lavoro, si sovrappone alla generalissima figura civilistica del committente, quale soggetto che commissiona un lavoro, benché la normativa specifica regolata dal richiamato testo unico ne delinei i compiti e le responsabilità nell'ambito regolato. La responsabilità del committente, dunque, è posta in stretto collegamento con l'affidamento dell'opera e la sua posizione di soggetto su cui incombe il governo del rischio deriva proprio dal dovere di sicurezza in relazione all'incidenza che la sua condotta assume sia nell'opzione di individuare un contraente inadeguato, che nell'ingerirsi nell'esecuzione del contratto. Ciò spiega che, se da un lato (come si è anticipato supra) non può essere richiesto al committente un pressante e continuo controllo sull'opera il cui svolgimento egli ha affidato a terzi, essendogli riservato il potere di risoluzione del contratto in caso di inadempimento, nondimeno, dall'altro, non si può prescindere dall'esigere, da parte sua, la diligenza nella scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera cui affidare i lavori, onere specificamente previsto dall'art. 90, comma 9 del d.lgs. 81/2008 e comunque derivante dalla sua scelta contrattuale (la culpa in eligendo del committente è ritenuta fonte di responsabilità civile anche verso i terzi da ultimo cfr. Cass. civ, Sez. 2, Sentenza n. 1234 del 25/01/2016, Rv. 638645, in relazione alla corresponsabilità del committente per danni a terzi, dovuti per affidamento dell'opera ad appaltatore inidoneo)
5. Ora, la Corte territoriale si limita, rivalutando diversamente le prove poste a fondamento della declaratoria di penale responsabilità di A.P., proprietario dell'immobile e committente delle opere, ad affermare che non sussistono elementi per sostenere l'esistenza di un rapporto di subordinazione fra l'imputato e la persona offesa, quest'ultima avendo quest'ultima operato in qualità di lavoratore autonomo, in forza di contratto d'opera. Ciò implicherebbe, secondo la sentenza impugnata, in assenza del potere di determinazione sull'attività lavorativa altrui e del potere disciplinare ed in assenza dell'inserimento in un'organizzazione produttiva facente capo all'imputato, l'esonero di quest'ultimo, anche in qualità di committente, da obblighi prevenzionali verso colui che si obbliga al risultato e non alla mera prestazione delle energie lavorative. A ciò la Corte aggiunge che A.P. non aveva le competenze tecniche necessarie per comprendere che il ponteggio, originariamente certificato, non fosse montato a regola d'arte, essendo, peraltro, la realizzazione del ponteggio stata commissionate a R.DS., il che condurrebbe ad escludere qualsivoglia profilo di colpa in capo al committente.
6. Ebbene, al di là della valutazione circa la credibilità soggettiva di M.G.R. - che qui non interessa- è evidente che il ragionamento del giudice di seconda cura si pone in evidente contrasto con l'evoluzione della disciplina normativa e della lettura della giurisprudenza di legittimità, supra riportate.
7. Invero, va rilevato che sebbene nell'ipotesi di conferimento di appalto da parte committente non professionale, l'appaltante non sia effettivamente tenuto a conoscere le singole disposizioni tecniche previste dalla normativa prevenzionale per evitare il verificarsi di infortuni, posto che ciò implicherebbe una formazione del cittadino comune non prevista dall'ordinamento, che la pretende nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti dal medesimo designati o comunque di soggetti professionalmente deputati ad assicurare la sicurezza delle lavorazioni, non può dirsi, nondimeno, che su di lui non gravi alcun obbligo.
Ciò che la legge pone a carico del committente privato, infatti, è innanzitutto l'obbligo di 'scegliere' adeguatamente l'impresa, quest'onere consistendo verificare che la medesima sia regolarmente iscritta alla C.C.I.A, dimostri di essere dotata del documento di valutazione dei rischi e che di non essere destinataria di provvedimenti di sospensione od interdittivi, ai sensi dell'art. 14 d.lgs. 81/2008. Allorquando l'azienda sia scelta secondo siffatti criteri, di natura oggettiva, non può ritenersi la 'mala electio' da parte del committente non professionale, ciò esonerandolo da ulteriori controlli ed ingerenze nei lavori, che potrebbero sinanco condurlo ad assumere una 'responsabilità per ingerenza'.
Se, tuttavia, la scelta dell'impresa non avviene con questi criteri il committente assume su di sé gli oneri del garante della sicurezza posto che l'assenza del conferimento dell'incarico per lo svolgimento delle opere ad un soggetto 'adeguato' non può riversarsi sulla sicurezza dei lavoratori addetti a quelle opere, i quali debbono comunque essere garantiti. Dunque, la 'mala electio' dell'esecutore si trasforma, in sostanza, nell'ingerenza nei lavori, posto che può determinarne lo svolgimento in condizioni di 'insicurezza'. Con la conseguenza dell'assunzione diretta della posizione di garanzia da parte del committente.
Ma, costituisce obbligo del committente, in quanto tale, anche quello di curare che tutti i lavori, ancorché, come in questo caso, non si svolgano contestualmente (è stata elevata all'imputato in sede amministrativa anche la contestazione dell'omessa nomina del C.S.E) siano affidati ad un soggetto determinato e da questo curati, sicché ogni attività svolta al di fuori dell'incarico conferito, sulla base di un'estemporanea richiesta del committente, costituisce ingerenza del medesimo nei lavori, con conseguente assunzione diretta della posizione di garanzia in relazione ai rischi a quella attività collegati.
8. Ora, si legge nella sentenza di primo grado, non smentita sul punto dalla Corte territoriale, che A.P. si rivolse al cugino G.P., titolare di un'impresa edile, per l'esecuzione delle opere edili di un fabbricato da costruire su un terreno di sua proprietà, destinato ad attività economiche, e che il secondo indicò all'imputato le imprese cui rivolgersi per le altre opere, alle quali effettivamente egli commissionò i lavori. Fra queste vi era l'impresa S., cui vennero affidati i lavori di intonacatura, che tuttavia lasciò il cantiere, nonostante i lavori non fossero terminati, a causa di dissidi con il committente. Ad essa subentrò M.G.R., che ebbe l'incarico di portare a termine l'intonacatura. Si legge, altresì, che il ponteggio, da cui M.G.R. cadde, fu 'prestato' da G.P. ad A.P., che si recò a prendere le impalcature presso la casa di campagna del padre del cugino. Il ponteggio -e ciò è confermato anche dalla sentenza impugnata- fu poi montato da Mario DS., con l'ausilio dello stesso M.G.R. e di V., che si limitarono a porgere al primo i materiali.
L'assunzione diretta della posizione di garanzia da parte di A.P. si colloca in questa cesura fra l'intervento dell'impresa originariamente incaricata e quello di M.G.R., posto che il committente rivolgendosi ad un prestatore d'opera - così lo definisce la Corte territoriale- cui forniva l'impalcatura doveva curare che la medesima avesse i requisiti di sicurezza prescritti dalla normativa prevenzionale, anche in relazione al suo corretto montaggio, eventualmente affidando siffatta attività ad un'impresa idoneamente scelta o curando che il soggetto cui conferiva l'incarico di terminare i lavori, cioè M.G.R., avesse le necessarie competenze per occuparsi del montaggio del ponteggio a regola d'arte. Siffatte omissioni hanno realizzato la condizione di insicurezza del cantiere in cui il lavoratore -non importa se dipendente o prestatore d'opera- si trovò ad operare.
9. La sentenza deve, dunque, essere annullata agli effetti civili con rinvio al giudice civile competente in grado di appello.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia al giudice al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 24/11/2021