E' responsabile il datore di lavoro degli infortuni dei dipendenti dovuti anche a loro imprudenze
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta da:
Dott. DI SALVO Emanuele - Presidente
Dott. PEZZELLA Vincenzo - Giudice
Dott. MICCICHÈ Loredana - Giudice
Dott. CENCI Daniele - Relatore
Dott. D'ANDREA Alessandro - Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A. nato a R. (...)
B.B. nato a P. (...)
avverso la sentenza del 26/01/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELE CENCI;
sulle conclusioni del Pubblico Ministero, che ha chiesto dichiararsi inammissibili i ricorsi.
sentito il Difensore presente, che ha insistito per l'accoglimento dei ricorsi.
Fatto
1. La Corte di appello di Milano il 26 gennaio 2023, in parziale riforma della sentenza, appellata dalle parti civili, con cui il Tribunale di Varese il 13 settembre 2019, all'esito del dibattimento, ha assolto A.A., B.B. e F.F. dal reato di omicidio colposo, con violazione della disciplina antinfortunistica, fatto contestato come commesso in cooperazione colposa tra loro ex art. 113 cod. pen. il 21 gennaio 2013, con la formula perché il fatto non costituisce reato, e ha dichiarato non responsabile la società per azioni "Europea 92" dell'illecito amministrativo alla stessa ascritto, invece ha dichiarato la responsabilità, ai fini civili, di A.A. e di B.B., che ha condannato al risarcimento dei danni, da liquidarsi dal giudice civile, ha dichiarato inammissibile l'appello nei confronti dell'ente ed ha confermato nel resto la decisione di primo grado.
2. I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dai giudici di merito.
2.1. L'infortunio. Il 21 gennaio 2013, circa alle ore 08.30, durante i lavori di scavo di una galleria lungo il percorso di una strada statale, è deceduto l'operaio C.C., dipendente della ditta "Europea 92", incaricata da ente pubblico dello svolgimento dei lavori. Erano in quel momento in corso i lavori per la installazione nella galleria di una centina metallica arcuata (opera di carpenteria impiegata nel corso della costruzione di volte o di gallerie) che veniva movimentata con un macchinario.
Ebbene, mentre C.C., insieme ad altri due colleghi, D.D. e EE, stava agganciando la base della centina con una catena, è stato colpito al capo, pur protetto da elmetto, da un sasso staccatosi dalla volta della galleria in costruzione provocando gravi fratture cranio-encefaliche che, nonostante i soccorsi, lo hanno condotto a morte. Il capo del malcapitato è stato colpito in una parte (regione frontale e zigomatica destra) non protetta dall'elmetto.
2.2. L'accusa. Il Pubblico Ministero ha addebitato profili di colpa (oltre che al coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione F.F.) al datore di lavoro, A.A., per negligenza nell'obbligo di adeguata formazione del personale delle squadre impegnate nello scavo e nella redazione del POS con riferimento all'allegato n. 15 al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, e per omessa indicazione delle misure protettive in fase di posa delle catene al piede della centina, e al dirigente dell'impresa esecutrice dei lavori, B.B., per non avere dato disposizioni affinché: lo scavo fosse condotto in modo adeguato alla natura del terreno; si impedisse la caduta dei massi dalla volta dello scasso; e venissero rimossi ovvero consolidati i massi resi instabili dalla esplosione effettuata in precedenza (c.d. disgaggio).
2.3. La sentenza di primo grado. Ad avviso del Tribunale, delle tre cause possibili del distacco della pietra (1. caduta naturale del sasso, non provocata da azioni meccaniche; 2. urto della centina sulla volta, con conseguente distacco del sasso; 3. urto del macchinario soprannominato "martellone" guidato dall'operaio G.G. contro la volta conseguente caduta della pietra), quella che ha determinato l'infortunio è un errore - che è stato stimato imprevedibile ed imprevenibile - dell'operaio G.G. che guidava il macchinario (pp. 5-11 della sentenza), con conseguente interruzione del nesso causale tra l'infortunio e i profili di colpa ipotizzati in capo alle figure di garanzia rappresentate dagli imputati: A.A., datore di lavoro della ditta esecutrice dei lavori "Europea 92"; ed B.B., dirigente dell'impresa esecutrice dei lavori "Europea 92" (pp. 9-11 della decisione del Tribunale).
Il Tribunale ha, comunque, escluso la sussistenza dei profili di colpa ipotizzati dal P.M. (pp. 11-14 della sentenza di primo grado); ha escluso altresì la responsabilità dell'ente (pp. 17-18).
2.4. La sentenza di appello. La Corte di appello, come si è anticipato, in riforma dell'assoluzione, premesso di dover nel caso di specie statuire agli effetti civili in base al criterio del "più probabile che non" e non già secondo il, più rigoroso, giudizio dell'"oltre ogni ragionevole dubbio" (p. 8), ha ritenuto, invece, "maggiormente probabile la... ricostruzione... dei distacco naturale" della pietra, appunto, come fenomeno naturale conseguente - sì - alla esplosione ma non direttamente provocata dall'urto con il macchinario che era condotto dal collega, ritenendo, comunque, che l'eventuale errore del manovratore, evenienza che, tuttavia, non ritiene essersi verificata, non escluderebbe il nesso causale perché gli errori umani, sempre possibili, devono essere "governati" dal datore di lavoro e da chi ha la posizione di garanzia e non costituiscono fattore eccezionale (pp. 9-10 della sentenza di appello).
La Corte di merito ha affermato essere sussistenti tre profili di colpa in capo ad entrambi gli imputati: 1) non avere dato disposizioni affinché fosse distribuita sulla superficie interna della roccia una dose più abbondante di quella in concreto impiegata di "pre-spritz" e di qualità diversa, cioè un materiale con funzione impermeabilizzante ed anche tale da impedire il distacco, ove "fibrorinforzato" (facendo così propria la Corte territoriale la tesi dei consulenti del P.M.); 2) non avere predisposto la apposizione di un "tettuccio", cioè una tettoia robusta, che sicuramente avrebbe impedito che il masso giungesse sulla testa della vittima; 3) non avere curato adeguatamente la formazione dei lavoratori, non ritenendo dirimente al riguardo, difformemente da quanto ritenuto dal Tribunale, né la, pur consolidata, esperienza degli stessi nel settore né la circostanza che non era ancora scaduto il termine per fare frequentare i corsi ai dipendenti (pp. 11-13 della sentenza impugnata, con riferimento a quanto si legge alla p. 11 di quella del Tribunale).
3.Ciò premesso, ricorrono per la cassazione della sentenza gli imputati A.A. ed B.B., tramite un medesimo ricorso curato dal comune Difensore di fiducia, affidandosi a due motivi, con i quali denunziano violazione di legge (entrambi i motivi) e vizio di motivazione (il secondo motivo).
3.1. Con il primo motivo lamentano errata applicazione dell'art. 573, comma 1 -bis, cod. proc. pen., in quanto, ad avviso dei ricorrenti, la Corte di appello, dopo avere valutato la ammissibilità del ricorso, avrebbe dovuto rinviare la decisione alla Corte di appello civile.
Rammentano i ricorrenti che la Corte di appello si è interrogata (alla p. 7 della sentenza impugnata) circa la necessità o meno di immediata applicazione dell'art. 573, comma 1 -bis, cod. proc. pen. (che recita: "Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile"), in vigore dal 30 dicembre 2022, nell'assenza di norme transitorie. Ebbene, la Corte territoriale, dato atto dei diversi orientamenti interpretativi al momento della pronunzia, chiarito di stinare non inammissibile l'impugnazione, ha affermato di ritenere applicabile la disciplina previgente l'entrata in vigore della novella.
I ricorrenti, invece, stimano preferibile la lettura che opta per la immediata operatività della nuova norma, richiamando il ragionamento svolto nella motivazione, testualmente citata, dell'ordinanza di Sez. 2, n. 6690 del 02/02/2023, dep. 16/02/2023, Fox Weber Nicholas vs. Seno Gabriele, Rv 284116. In conseguenza, la Corte di appello penale di Milano avrebbe dovuto rinviare il processo ad una Sezione civile della Corte territoriale.
3.2. Con il secondo motivo i ricorrenti censurano ulteriore violazione di legge ed inoltre mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione e travisamento del fatto, per avere il Giudice di appello omesso di adottare la necessaria motivazione rafforzata.
Richiamati plurimi precedenti di legittimità al riguardo sia delle Sezioni unite (Sez. U, n. 6682 del 04/02/1992, Musumeci, Rv. 191230) che delle Sezioni semplici (Sez. 5, n. 3007 del 24/11/2020, dep. 2021, Marino Salvatore, Rv. 280257; Sez. 2, n. 32619 del 24/04/2014, PG in proc. Pipino ed altro, Rv. 260071), si afferma che, mentre la sentenza assolutoria di primo grado è connotata da motivazione accurata con scelta metodologica precisa e razionale (specc. pp. 6 e ss.), quella di appello, in riforma della prima, è caratterizzata da affermazioni del tutto disancorate dalle emergenze istruttorie, frutto di una lettura incompleta, atomistica e parcellizzata delle stesse (pp. 11 e ss.).
In particolare, esaminate con accuratezza tutte le emergenze istruttorie e valutate le tre possibili cause del distacco della pietra dalla volta (e cioè: 1. caduta naturale del sasso, non provocata da azioni meccaniche; 2. urto della centina sulla volta, con conseguente distacco del sasso; 3. urto del martellone guidato dall'operaio G.G. contro la volta conseguente caduta della pietra), il Tribunale ha ritenuto essere stato il distacco causato da un errore dell'operaio G.G., con conseguente interruzione del nesso causale tra l'infortunio ed eventuali profili di colpa in capo alle figure di garanzia rappresentate dagli imputati.
Al riguardo ha valorizzato: la limitata estensione del distacco nella volta, quale risultante nelle fotografie in atti; l'inattendibilità del teste G.G., chiaramente interessato a negare un proprio possibile errore, e che peraltro ha affermato di avere sentito il rumore di un urto che, invece, attraverso prove tecniche acustiche, si è dimostrato non essere possibile avvertire in quelle condizioni all'interno della galleria; la ritenuta attendibilità delle concorde versione riferita da tutti gli altri testimoni escussi; la struttura del "martellone", azionabile tramite pedale e quindi facilmente attivabile inavvertitamente; la procedura corretta che veniva sempre seguita dagli operai per la posa della centina, comprensiva di un suono di clacson quale segnale di allarme via libera e che annullava il rischio di caduta del materiale; il qualificato parere del teste G.G. e dei consulenti tecnici, ingegneri I.I. e J.J.; la circostanza che del calcestruzzo era stato spruzzato sulla parete per rinforzarla (tecnica dello "spritz-beton").
Al contrario la Corte di appello, con motivazione che si stima essere assai generica, si sarebbe limitata a ritenere preferibile la ricostruzione incentrata sul distacco "naturale" della pietra, avvenuta per effetto delle sollecitazioni in precedenza subite dalla roccia ma non già per diretta conseguenza di una condotta umana, in sostanza senza confrontarsi con l'attenta ricostruzione del Tribunale e comunque senza adottare una motivazione munita di forza persuasiva maggiore di quella che andava a riformare.
Ribadito, dunque, da parte dei ricorrenti che si è affermato che anche in caso di impugnazione proposta dalla parte civile per le sole statuizioni civili in tema di motivazione della sentenza d'appello, per la riforma di una pronuncia assolutoria non basta, in mancanza di elementi sopravvenuti, una mera diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito in primo grado, caratterizzata da pari o addirittura minore plausibilità rispetto a quella del primo giudice, ma occorre, invece, una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio (come affermato da Sez. 4, n. 10491 del 19/01/2012, dep. 18/03/2021, Colaci ed altro, non mass.), si chiede l'annullamento della sentenza impugnata.
4. Il 5 dicembre 2023 è stata chiesta dalla Difesa degli imputati la discussione orale.
La Difesa di parte civile, con memoria del 10 aprile 2024, ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso, con vittoria di spese, allegando notula.
Diritto
1. I ricorsi sono infondati e devono essere rigettati, per le seguenti ragioni.
2. Quanto al primo motivo (con cui si lamenta l'errata applicazione dell'art. 573, comma 1 -bis, cod. proc. pen., in quanto la Corte di appello, dopo avere valutato la ammissibilità del ricorso avrebbe dovuto rinviare la decisione alla Corte di appello civile), la lettura proposta dai ricorrenti (fatta propria, in effetti, in un primo momento da una Sezione della Corte di legittimità: Sez. 2, ord. n. 6690 del 02/02/2023, dep. 16/02/2023, Fox Weber Nicholas vs. Seno Gabriele, cit.) è stata disattesa da Sez. U, n. 38481 del 25/05/2023, PC Dell'Aguzzo in proc. Di Paolo, Rv. 285036, secondo cui "L'art. 573, comma 1-bis, cod. proc. peri., introdotto dall'art. 33 D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, si applica alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, quale data di entrata in vigore della citata disposizione".
Il motivo va, dunque, disatteso.
3. In riferimento all'ulteriore motivo (con il quale si contesta la asserita mancanza di motivazione rafforzata a sostegno della riforma in peius ai fini civili), rileva il Collegio come, dal confronto tra le motivazioni delle due sentenze, emerga che, in effetti, la decisione di riforma è assistita da maggiore forza argomentativa (v. specc. pp. 9 e ss.), con la precisazione che, dei tre profili di colpa ritenuti sussistenti dalla Corte territoriale, i primi due logicamente sembrano fare maggiore, anche se non esclusivo, riferimento alla posizione del responsabile dell'impresa esecutrice dei lavori, B.B. (cioè: 1. non avere dato disposizioni affinché fosse distribuita sulla superficie interna della roccia una dose più abbondante di quella in concreto impiegata di "pre-spritz" e di qualità diversa, cioè un materiale con funzione impermeabilizzante ed anche tale da impedire il distacco, ove "fibrorinforzato"; 2. non avere predisposto la apposizione di un "tettuccio", cioè una tettoia robusta, che avrebbe impedito che il masso giungesse sulla testa della vittima), mentre l'ulteriore (ossia non avere curato adeguatamente la formazione dei lavoratori, data la prevedibilità, nel concreto contesto dato, della precipitazione di un masso dall'alto, quantomeno nella zona interessata dai pericolosi lavori di movimentazione della gabbia metallica) si riferisce ad entrambi gli imputati.
La Corte di appello, inoltre, "supera" il ragionamento svolto dal Tribunale (pp. 5-11 della sentenza), secondo il quale la causa dell'infortunio è da rinvenire nell'errore dell'operaio G.G. che guidava il macchinario, con conseguente - ritenuta - interruzione del nesso causale tra l'infortunio e la condotta delle figure di garanzia rappresentate dagli imputati A.A. e B.B., richiamando (alla p. 9 della sentenza impugnata) il condivisibile principio di diritto secondo il quale anche l'errore del lavoratore è un fattore di rischio che rientra tra quelli di cui il datore deve farsi carico, poiché il rispetto della normativa antinfortunistica mira a salvaguardare l'incolumità dei lavoratori anche dai rischi derivanti da disattenzioni, imprudenze, ripetitività dei gesti aut similia (tra le numerose, Sez. 4, n. 18998 del 27/03/2009, Trussi e altro, Rv. 244005).
Anche il secondo motivo, pertanto, non può trovare accoglimento.
4. Consegue il rigetto dei ricorsi e la condanna dei ricorrenti, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
Nulla sulle spese delle parti civili, la cui memoria non ha fornito contributi utili alla decisione.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Nulla sulle spese delle parti civili.
Così deciso il 18 aprile 2024.
Depositata in Cancelleria il 2 agosto 2024.